Pubblicato da: giuliolaforenza | ottobre 3, 2016

Riflessioni sulla Riforma Costituzionale

Il prossimo 4 dicembre saremo chiamati ad esprimere la nostra opinione in merito alla Riforma della seconda parte della Costituzione (quella relativa all’ordinamento della Repubblica), ovvero al cosiddetto “DDL Boschi”. Non essendo stato raggiunto in sede parlamentare il quorum necessario per l’approvazione, (ovvero i 2/3 dei consensi in entrambe le camere), in base a quanto previsto dall’Art.138 della stessa Costituzione, l’ultima parola spetterà a noi cittadini. Non sarà necessario raggiungere un quorum di votanti, per cui alla fine vincerà chi avrà ottenuto più consensi (SI se sei a favore della riforma, NO se non lo sei).

La riforma si propone principalmente di cambiare i rapporti tra le due Camere del Parlamento e tra il Parlamento e le Regioni. Si tratta della più vasta e complessa riforma della Costituzione mai proposta (vengono modificati ben 47 articoli, lo stesso numero di articoli che hanno subito modifiche negli ultimi 70 anni).  Si ref3va a modificare drasticamente la Carta Costituzionale, ovvero il massimo elemento a garanzia e tutela della nostra Repubblica e della nostra democrazia, e questo indirettamente ci porta a porci domande sul come la stessa riforma vada a modificare (eventualmente sbilanciandoli) i rapporti di forza tra i poteri dello Stato, in particolare se la stessa indebolisca il legislativo (Parlamento) nei confronti dell’esecutivo (Governo). E’ fondamentale provare ad entrare nel merito e affrontare la questione su più livelli diversi. Credo che, vista la complessità e la vastità dell’argomento, i tecnicismi legati ai singoli passaggi della riforma (ad esempio le valutazioni in merito al se la stessa è scritta “bene” oppure no) possano essere oggetto di riflessione, confronto e analisi quasi esclusiva di esperti di diritto costituzionale. In tal senso gli stessi costituzionalisti risultano avere pareri contrastanti (sebbene l’impressione sia che la maggior parte di questi appoggino le argomentazioni del NO):

A favore del SI –> link

A favore del NO –> link

Noi “comuni mortali” dovremmo provare a dare un giudizio politico a più ampio respiro sulla forma di Ordinamento dello Stato che riteniamo possa essere migliore. In merito alla bontà o meno dei singoli passaggi della Carta, credo che, come spesso accade ai non addetti ai lavori di fronte a questioni molto tecniche, la maggior parte di noi non abbia competenze sufficienti per potersi esprimere.

Nel merito, le domande di “alto livello” che ognuno di noi dovrebbe porsi sono: ci piace il bicameralismo perfetto o vogliamo cambiarlo con un sistema che riteniamo possa essere più efficiente? Preferiamo un modello con Regioni più autonome (come l’attuale), o uno in cui lo Stato sia più accentratore, ovvero riprenda la competenza in merito ad alcune materie specifiche? Preferiamo una Costituzione più snella e leggi attuative più complesse o tolleriamo un aumento della complessità della Carta, e il conseguente alleggerimento dei decreti attuativi, purché questo aumento della complessità vada a limitare il più possibile le “zone d’ombra” della Riforma? Crediamo che la riforma crei uno sbilanciamento tra i poteri della Repubblica, ad esempio conferendo eccessivo potere al Governo e che questo possa porre le basi per eventuali derive autoritarie oppure no? E ancora, è meglio una riforma perfettibile che provi a superare quelli che in molti riconoscono come dei limiti dell’attuale ordinamento o si preferisce lasciare tutto com’è in attesa di una nuova proposta?

Credo che ognuno di noi dovrebbe porsi queste domande con grande serenità, libero da pregiudizi o condizionamenti di alcun tipo, provare ad informarsi (mettendo in discussione le proprie certezze se necessario) per capire bene cosa è chiamato a votare, concentrarsi sugli effetti nel medio/lungo termine di un’eventuale riforma, piuttosto che arroccarsi su posizioni aprioristicamente strumentali, o piuttosto che “seguire l’onda emotiva di amici/conoscenti” o limitarsi a retwittare i post dei sostenitori dell’una o l’altra parte. Purtroppo, come troppo spesso accaduto durante l’attuale legislatura, lo scontro politico poche volte si è confrontato sul merito, troppo spesso si è dipanato intorno a posizioni strumentali ed opportunistiche. Come sempre gli slogan, le urla e la demagogia si fanno spazio mettendo in ombra (e mortificando) i contenuti. Lo stesso Renzi ha commesso il grave autogol di porre il Referendum come un plebiscito o meno nei confronti della sua persona e dell’operato del Governo (salvo poi rendersene conto e fare un passo indietro).

Indipendentemente da tutto però, la vittoria di una parte o dell’altra andrà inevitabilmente oltre le questioni di merito concentrandosi piuttosto sulla fiducia o meno che si ripone nei confronti del Governo. Questo da un lato è motivato dalla complessità del tema in discussione e dal mix di generalizzato disinteresse ai tecnicismi della politica e disinformazione, dall’altro dalla semplice constatazione che la fiducia è alla base di qualsiasi nostra scelta quotidiana. Ad esempio chi di noi si farebbe curare da un medico di cui non si fida?

Nelle mie valutazioni di questo post parto dal presupposto che non esista la riforma universalmente perfetta. E che qualsiasi riforma ha dei pregi e dei difetti che devono essere opportunamente discussi e pesati, sulla base della nostra soggettiva sensibilità e preparazione tecnica. Dalla consapevolezza che per qualsiasi proposta ci sarà sempre qualcuno a cui la stessa non andrà bene. Soprattutto in un contesto politico in cui il confronto è praticamente azzerato e la logica dei blocchi domina sempre più.

Questo post nasce come tentativo di chiarirmi le idee, provando umilmente ad entrare nel merito della riforma e delle varie posizioni sulla stessa, per un voto consapevole. Non vuole essere uno strumento di proselitismo, uno dei tanti post nati con lo scopo di spostare gli equilibri da una parte o dall’altra. Piuttosto spero serva per fornire qualche elemento in più, al fine di districarsi meglio nella complessità intrinseca della Riforma.

In cosa consiste la Riforma Costituzionale per la quale saremo chiamati ad esprimerci? Per favorire la chiarezza e la leggibilità del post analizzerò i vari aspetti della Riforma in modo puntuale, evidenziando punto per punto le ragioni del SI, quelle del NO, e provando a dire la mia in merito (le parti evidenziate in corsivo). Ma veniamo finalmente alla sostanza:

  • Abolizione del “bicameralismo perfetto” (ovvero abolizione della parità di competenze tra Camera e Senato): ad oggi tutte le leggi, come la fiducia al Governo devono essere approvate da entrambe le Camere. Con la Riforma, la Camera dei Deputati (coi suoi 630 deputati) diventerà l’unico organo eletto direttamente dai cittadini a poter approvare le leggi ordinarie e di bilancio e accordare la fiducia al Governo (la sola Camera potrà pertanto far cadere un Governo).

PRO:

  • approvazione delle leggi in tempi più rapidi perché le stesse non saranno più rimpallate “all’infinito” tra Camera e Senato (la cosiddetta “navetta”). Si tratta comunque di un problema che negli ultimi anni si è molto attenuato (link) e i vantaggi in tal senso non dovrebbero esser così significativi come propagandato nella campagna del SI.
  • Maggiore stabilità di Governo (quasi tutti i Governi caduti negli ultimi anni avevano perso la fiducia in uno solo dei rami del Parlamento) (link).

CONTRO:

  • Aumento della complessità di alcuni articoli (vedi testo art.70). E’ materia di competenza dei costituzionalisti. Ritengo che se questo serva a limitare le zone d’ombra della riforma (ovvero i vuoti in termini di competenze dei vari enti coinvolti) un aumento della complessità sia tollerabile.
  • Possibili conflitti di competenze tra Camere e tra Stato e Regioni, e conseguenti ritardi. Credo che molto dipenderà dai decreti attuativi e da come saranno implementati, in realtà uno dei propositi che si pone la riforma è proprio quello di andare a risolvere dei conflitti di competenze presenti nell’attuale ordinamento.
  • La riforma non sveltisce le procedure lente del sistema bicamerale perché la procedura di ref2approvazione delle leggi bicamerale perdura per tante tipologie di leggi e per provvedimenti che comportino funzione di raccordo con enti territoriali e con l’Unione Europea. Inoltre basta un terzo dei senatori per chiedere la riesamina dei disegni di legge. Infine il Senato può proporre disegni di legge da inviare alla Camera. Io credo piuttosto che la riforma sveltisca le procedure, stabilendo un tempo massimo per l’azione del legislatore, ma in maniera non così netta come propagandato dal fronte del SI.
  • Il nuovo Senato (Senato delle Regioni): il Senato resterà come organo di rappresentanza delle autonomie locali, di raccordo tra Stato, Regioni e Comuni. Non sarà più chiamato a votare la fiducia al Governo. Potrà comunque esprimere pareri sui progetti di legge approvati dalla Camera e proporre modifiche entro 30 giorni dall’approvazione della Legge (la Camera potrà anche non accogliere gli emendamenti). Sarà composto da 100 senatori (rispetto ai 315 attuali) che non saranno più eletti direttamente dai cittadini. 95 senatori saranno nominati dai consigli regionali con metodo proporzionale e rimarranno in carica per la durata del loro mandato di amministratori (21 sindaci, uno per regione eccetto il Trentino che ne nominerà due, 74 consiglieri regionali, minimo 2 per regione). I rimanenti 5 senatori saranno scelti dal Presidente della Repubblica (e rimarranno in carica per 7 anni). I senatori non saranno più pagati dal Senato, ma percepiranno solo lo stipendio da amministratori.

PRO:

  • Risparmio economico (stipendi 315 senatori tagliati). E’ stimato tra i 50 e 150 milioni. Meglio di niente, ma praticamente trascurabile rispetto alla spesa pubblica complessiva.
  • Il Senato sarà il canale diretto tra il Parlamento e le Regioni, occupandosi quasi esclusivamente delle problematiche specifiche del territorio, ma dando un indirizzo unico alle politiche locali sui temi oggetto del quesito referendario.

CONTRO:

  • Senato debole che di fatto non avrà poteri effettivi nell’approvazione di molte delle leggi più rilevanti per l’assetto regionalistico, e rischio che in realtà non funzionerà come strumento di concertazione tra Stati e Regioni. In realtà il Senato non si indebolisce ma semplicemente cambia competenze diventando un canale diretto con le Regioni (sulla falsa riga del modello tedesco, ma non dimentichiamoci che la Germania è una Repubblica federale, noi no) ed accentrando la gestione di materie specifiche di interesse nazionale piuttosto che locale.
  • Minore è il numero di rappresentanti, minore è il pluralismo politico presente in Parlamento e quindi la possibilità per il cittadino di eleggere un rappresentante che rispecchi la propria visione. A me 730 rappresentanti dei cittadini in Parlamento sembrano più che sufficienti per garantire la piena rappresentanza di tutte le sensibilità nazionali. Non sono i più di 1600 membri del Parlamento inglese, ma neanche i 699 di quello tedesco, che peraltro rappresenta 82 milioni di cittadini contro i nostri 60 milioni).
  • Il Senato diventa un organo a rinnovo permanente, e di conseguenza a maggioranza variabile. Questo potrebbe essere un problema (in termini di peggiore governabilità) in caso il Senato avesse potere di veto sull’azione legislativa della Camera, o nel caso il Senato fosse chiamato a votare la fiducia/sfiducia al Governo, ma non sarà così.
  • Il Senato diventa interamente “nominato dalla politica”. Senato non elettivo secondo il fronte del NO vuol dire che il Senato diventerebbe un club di nominati, che non rappresenta più la Nazione, ma una realtà locale. Un Parlamento più incline a servire. Dipenderà da come verranno specificate le modalità di elezione, nei decreti attuativi successivi. Non è ancora chiaro come dovrà avvenire l’elezione dei senatori (nel testo si dice che i senatori saranno eletti «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi». Questo potrebbe voler dire che saranno comunque i cittadini, in occasione delle elezioni regionali, a indicare sulla scheda la propria preferenza per il consigliere che l’assemblea dovrà eleggere come suo rappresentante al Senato). Occorrerà una legge ad hoc per far chiarezza su questo punto. In realtà in molti Stati europei (vedi “House of Lords” in Gran Bretagna – non elettiva-, senato in Francia -eletto da grandi elettori-, Bundesrat in Germania con i rappresentanti dei “Land”, ovvero dalle “province” tedesche) le camere alte non sono nominate direttamente dai cittadini, ma dai loro rappresentanti.
  • Che senso ha mettere i 5 senatori scelti direttamente dal Presidente della Repubblica in un Senato delle regioni? Non avrebbe più senso metterli alla Camera, unico organo deputato al potere legislativo a livello nazionale? condivido questa perplessità. Non riesco a trovare un motivo convincente per la loro presenza nel nuovo Senato.
  • Immunità per tutti (nulla di nuovo): i nuovi senatori, come anche gli attuali, non potranno essere arrestati o sottoposti ad intercettazione senza l’autorizzazione dello Stato. Anche ora il Parlamento funziona così, ed è un modo per preservare la separazione tra i poteri della Repubblica, ovvero uno dei principi basilari dello stato di diritto (nello specifico tra il potere legislativo e giudiziario). Possiamo pensare di mettere in discussione l’immunità per i parlamentari e/o per la magistratura. Parliamone! Ma deve essere chiaro che la riforma in questione non cambia nulla rispetto all’attuale stato delle cose. (link).
  • Elezione del Presidente della Repubblica: attualmente all’elezione partecipano i delegati regionali (più di 58) e per eleggere il Presidente della Repubblica è necessario ottenere i due terzi dei voti fino al terzo scrutinio; dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Con la Riforma parteciperanno solo le due Camere in seduta comune e sarà necessaria la maggioranza dei due terzi fino al quarto scrutinio, poi basteranno i tre quinti. Solo al nono scrutinio basterà la maggioranza assoluta.

PRO:

  • Più rapida convergenza per elezione del Presidente della Repubblica.

CONTRO:

  • Il Presidente della Repubblica può essere eletto dalla maggioranza dei parlamentari che partecipano al voto e non dagli aventi diritto. Al settimo scrutinio per eleggere il presidente è sufficiente la maggioranza dei 3/5 dei votanti. Per l’elezione così come per qualunque altra deliberazione delle camere, occorre sempre la presenza della maggioranza degli aventi diritto, e cioè di almeno 366 parlamentari. Quindi è falso ciò che ho letto su uno dei libri che sostengono apertamente la linea del NO, che se votano in 15 basterebbero 10 votanti a favore per eleggere un Presidente della Repubblica.
  • Abolizione del CNEL (Consiglio Nazionale per l’Economia e Lavoro): la Costituzione prevede questo organo, comporto da 64 consiglieri, con funzione consultiva in merito alle leggi su economia e lavoro. Il Consiglio può proporre alla Camera leggi in materia economica. A seguito della Riforma il CNEL sarà soppresso.

PRO:

  • Risparmio economico a fronte di scarsa utilità/efficienza dell’Ente (link). Credo che pochi di noi abbiano gli elementi per esprimere valutazioni serie sull’efficienza e sull’utilità di un Ente del genere. Sono comunque da segnalare alcuni scandali legati al CNEL negli anni passati.
  • Riforma del Titolo V (riduzione competenze delle regioni, ritorno al centralismo): prevede che una ventina di materie tornino alla competenza esclusiva dello Stato: l’ambiente, la gestione di porti e aeroporti, protezione civile, ricerca scientifica, sport, tutela della concorrenza, coordinamento informatico, trasporti e navigazione, produzione e distribuzione dell’energia, politiche per l’occupazione, sicurezza sul lavoro, ordinamento delle professioni.

  • Introduzione “Clausola di supremazia”: lo Stato (tramite legge presentata dal Governo e discussa alla Camera e al Senato -senza bisogno che lo richieda un terzo dei suoi componenti- monocamerale rinforzato) potrà intervenire in materie di competenza regionale quando lo richiede “la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica”, ovvero l’interesse nazionale.

PRO:

  • dal 2001 a oggi le autonomie delle regioni su molte questioni non hanno prodotto grandi passi avanti dal punto di vista legislativo ma lentezze ulteriori, disparità nell’erogazione dei servizi e problemi di bilancio.
  • il Senato farà da “camera di compensazione” tra governo centrale e poteri locali, quindi diminuiranno i casi di contenzioso tra Stato e Regioni davanti la Corte costituzionale.

CONTRO:

  • possibili contenziosi tra competenze di Stato e regioni. In realtà uno degli intenti della Riforma è proprio la risoluzione della lunghissima serie di contenziosi introdotto dalla riforma voluta nel 2001 dal centrosinistra.
  • tolto quasi ogni spazio di competenza legislativa alle Regioni, facendone organismi privi di reale autonomia (questo a fronte dell’ordinamento delle regioni a “Statuto speciale” che resta intatto).
  • Senato a geometria variabile, incapace di seguire l’iter di qualsiasi provvedimento perché lo status di senatore decade al decadere della carica di Sindaco o consigliere regionale.
  • Abolizione province (già attuata, occorre adeguare la Carta Costituzionale alla Riforma): le 110 province italiane non saranno più dotate di un consiglio provinciale e di una Giunta, bensì saranno trasformate in Enti di secondo livello (organismo esecutivo più snello formato dai Sindaci). Le province sono abolite e sostituite da enti di area vasta.

PRO:

  • risparmio economico (stipendi consiglio e Giunta provinciale).

CONTRO:

  • Restano i Prefetti, uno per provincia, rappresentanti del Governo centrale, non eletti dal popolo.
  • Referendum abrogativo: ad oggi può essere indetto un Referendum abrogativo a seguito della raccolta di 500.000 firme. Il risultato di un Referendum abrogativo è valido in caso abbiano votato il 50% degli aventi diritto. A seguito della Riforma se i cittadini che proporranno una consultazione saranno 800.000 il quorum sarà ridotto: basterà che vada a votare il 50% più uno dei votanti alle ultime elezioni politiche.
  • Possibilità di proporre Referendum propositivi.

Credo sia un aspetto molto positivo della riforma, sebbene ad oggi i Referendum sempre più si stiano dimostrando uno strumento non adeguato a rispondere in merito a certi temi (ma questo dipende da tanti fattori, tra cui il disinteresse generalizzato nei temi della politica e la scelta di quesiti troppo spesso eccessivamente tecnici e complessi per essere compresi dai più).

  • Leggi d’iniziativa popolare: per proporre una legge d’iniziativa popolare non saranno più sufficienti 50mila firme, ma ne occorreranno 150.000.

E’ un’assurdità. Non son riuscito a trovare elementi a supporto di questo punto, che ottiene solo il risultato di rendere più complicato l’iter per le leggi d’iniziativa popolare.

  • Limiti sui decreti legge: i regolamenti parlamentari dovranno indicare un tempo certo per il voto dei ddl del Governo.

  • Ricorso preventivo sulle leggi elettorali: se un quarto dei componenti della Camera sono d’accordo può essere fatto un ricorso preventivo alla Corte Costituzionale (a partire dalla presente legislatura).

  • DDL “essenziali”: qualora il Governo definisca un DDL come “essenziale” la Camera avrà 5 giorni di tempo per metterlo all’ordine del giorno e 70 (prorogabili di 15) per metterlo ai voti. Quindi il Senato avrà 10 giorni per richiederne la riesamina (previa richiesta di un terzo dei senatori) e poi ulteriori 20 giorni per esaminarlo e chiedere eventuali modifiche che potranno essere accettate o respinte dal voto finale della Camera.

Critiche di metodo:

  • Illegittimità della riforma, prodotta da un Parlamento non eletto dal popolo, con una legge elettorale dichiarata incostituzionale (Porcellum). In realtà però la sentenza che ha confermato l’incostituzionalità del Porcellum non ha tolto nulla alla legittimità del Parlamento, che anzi è stata ribadita dalla Corte Costituzionale «può sempre approvare nuove leggi, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali».
  • La riforma è stata pensata e approvata in fretta. Anche questo non è vero, dal momento che la discussione in merito ad essa è cominciata l’8 agosto del 2014 e si è conclusa il 12 aprile del 2016, venti mesi in totale. La legge è passata tre volte alla Camera e altre tre al Senato. In questo periodo si è passati da un consenso abbastanza ampio ad una maggioranza più risicata, a causa del mancato appoggio totalmente strumentale di Forza Italia (conseguente al mancato coinvolgimento del partito nella scelta del Presidente della Repubblica).
  • La riforma è stata proposta dal Governo e approvata da una maggioranza variabile, piuttosto che esser frutto di un largo consenso tra le forze politiche. Vero, purtroppo il livello dei nostri politici è ai minimi storici (manca attenzione reale al Bene Comune piuttosto che agli interessi elettorali, si strumentalizza qualsiasi battaglia politica, si preferisce il muro contro muro, la logica dei Blocchi a-priori,  piuttosto che provare a cercare punti d’incontro).
  • Inizialmente Renzi aveva posto il Referendum come un plebiscito nei confronti dell’operato del Governo, minacciando addirittura le dimissioni in caso di sconfitta. Questo salvo poi fare un passo indietro.
  • il quesito unico: per una riforma così complessa e che tocca ambiti così diversi tra loro sarebbe stato più corretto spacchettare i vari punti e consentire ai cittadini di esprimersi singolarmente su ognuno di essi. Condivido in pieno questa osservazione.
  • La riforma non produce semplificazione. Infatti il procedimento legislativo passa da 4 tipi di procedimenti a 8 tipi di procedimenti.

Critiche generali:

  • non garantisce la sovranità popolare: insieme alla legge Italicum, che mira a trasformare una minoranza in maggioranza assoluta di governo, espropria il popolo dei suoi poteri e consegna la sovranità nelle mani di pochi. Come? Con capilista bloccati e candidature plurime dell’Italicum che di fatto eliminano la possibilità che il cittadino elegga direttamente il/i proprio/i rappresentante/i in Parlamento. Ma questa critica è rivolta principalmente alla legge elettorale, che è già stata approvata dal Parlamento e pertanto non può essere posta come argomento centrale di discussione (anzi in tal senso, come abbiamo visto, paradossalmente a seguito di approvazione della Riforma, l’Italicum potrebbe anche essere da subito messo in discussione in caso di ricorso preventivo richiesto da almeno un quarto dei deputati).
  • Il rischio legato al mix “riforma costituzionale/riforma elettorale”. La nuova legge ref1elettorale prevede un significativo premio di maggioranza alla Camera che viene assegnato al secondo turno elettorale (è probabilmente l’unico caso al mondo di una legge elettorale che prevede un secondo turno tra forze politiche differenti invece che tra candidati). In questo modo la legge potrebbe finire con l’assegnare il premio a una forza politica con una bassissima rappresentanza nel paese, che controllando la Camera potrebbe legiferare in completa autonomia.

Qualche tempo fa lessi una frase molto bella e condivisibile: “la Costituzione non va cambiata, va applicata”, con un chiaro riferimento ai tanti principi regolarmente e tristemente disattesi, a partire dal suo primo articolo, in un’epoca in cui il lavoro è per tanti giovani un sogno inarrivabile. Se la Costituzione fosse limitata alla sua prima parte questa frase la troverei azzeccatissima. La frase rivela la sua natura demagogica se però inserita nel contesto complessivo della Carta, e nell’ottica dell’attuale Referendum. La seconda parte della Costituzione infatti ci parla della forma dello Stato. Ed è evidente che questa non sia da considerarsi come un qualcosa di eterno ed immutabile, ma che debba poter essere modificata al fine di provare a migliorare e rendere più efficienti le nostre istituzioni.

Credo che, indipendentemente dalle risposte che ognuno di noi possa dare alle domande poste all’inizio, la bontà o meno della Riforma, e gli effetti della stessa saranno valutabili solo nel tempo e in base a come saranno realizzate le leggi ordinarie per l’attuazione delle eventuali nuove disposizioni costituzionali.

Credo che sul fronte del SI si faccia propaganda “populista” enfatizzando eccessivamente rispetto al loro “peso reale” aspetti come i vantaggi economici della Riforma o quelli legati ai più rapidi tempi di approvazione delle leggi. Si tratta di una chiara strategia per ottenere facili consensi (l’ho già scritto che la politica di oggi sta attraversando il suo Medioevo?), che però rischia di sviare l’attenzione sul vero tema del confronto. La “rapidità di approvazione” di un provvedimento non può (e non dovrebbe) essere in alcun modo associata alla bontà dell’azione legislativa, e il rischio che si corre è di approvare leggi “tirate via” per rispettare i tempi tecnici. Inoltre, la più rapida approvazione delle leggi non dovrebbe essere perseguita cambiando le regole del gioco, quanto piuttosto provando a costruire intorno ad esse di un ampio consenso politico. Ma nell’era del muro-contro-muro-a-priori questa strada risulta di fatto impraticabile. E allora, il Medioevo della politica ci porta quasi fisiologicamente a garantire la governabilità con modalità di per sé anomale. Col nuovo assetto istituzionale, che con l’Italicum penalizza la rappresentanza e il pluralismo (quindi la democrazia, per la governabilità), maggior rapidità operativa e un’azione di Governo più efficace saranno assicurati da una maggioranza più solida, ottenuta grazie ad un premio di maggioranza che molti reputano ai limiti della costituzionalità. E questo non può non essere un tema di riflessione.

Sull’altro fronte, quello del NO, in molti fanno terrorismo psicologico teorizzando scenari apocalittici come conseguenza di un’eventuale approvazione della riforma. Si parla di derive autoritarie erroneamente legate alla riforma Costituzionale, ma in realtà (in caso) più legate all’Italicum, già approvato dal Parlamento, che alla riforma stessa. Fa sorridere che a sostenere questa linea siano gli stessi che criticano le “larghe intese”, ovvero la ricerca di ampio/trasversale consenso sui temi della Politica. Quelli che le ritengono una forzatura alla democrazia, senza tener conto che sono la naturale conseguenza della fine del bipolarismo a fronte di un sistema tripolare che rende di fatto ingovernabile il Paese con una legge elettorale proporzionale. Gli integralisti, i puristi, i talebani, quelli che non riescono a mettersi d’accordo neanche con la propria ombra. Gli stessi, allo stesso tempo criticano una legge elettorale che prova a correggere lo stallo politico che le ha originate, andando inevitabilmente a premiare la governabilità e, visto che la coperta è quella, penalizzando in parte la rappresentanza. Insomma, come sempre si vuole la botte piena e la moglie ubriaca. C’è poi chi sostiene che la riforma faccia parte di un disegno più ampio di degenerazione della democrazia in atto volto a togliere diritti ai cittadini. C’è chi arriva a dire che la riforma sarebbe voluta dai poteri forti per favorire le multinazionali. Non ci si fa mancare nulla.

In conclusione di questa analisi rimane da scegliere da che parte stare. In queste righe ho provato a porre qualche spunto di riflessione o di confronto che spero possa contribuire ad agevolare la scelta di chi legge. Questa alla fine dipenderà dalla sensibilità individuale di ognuno di noi, dal peso che daremo ai singoli punti/passaggi di questa riforma, dalla nostra pragmaticità e/o visione, spregiudicatezza, e anche, fisiologicamente, da quanta fiducia riponiamo in chi propone e sostiene i quesiti (ovvero l’attuale Governo).

Buon voto -consapevole- a tutti!


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